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11 mars 2011 5 11 /03 /mars /2011 17:30

immagini-per-corso-incisione.jpg“Porre una speranza sul linoleum è cosa, forse priva di senso. Però il linoleum è pazzo anche lui: si lascia scavare, tagliare, rimediare, sfiorare, sfondare. Poi stampi il tutto e scopri che è andata come voleva lui, che può aver fatto tutto lui” A. Faeti “Produrre coltura con i ragazzi perché questi siano uomini diversi, domani…” (da “I bambini e la grafica”) una frase da cui trapela, a mio parere, la fiducia in una capacità superiore che va oltre la tecnica di un semplice corso di incisione. Perché? Perché siamo così convinti, i Maestri come Faeti, o gli insegnanti che alla fine degli anni settanta si sono cimentati nei laboratori di incisione e stampa i cui prodotti hanno dato vita al bel libro “I bambini e la grafica” e io, per ultima, che con timore e entusiasmo mi presento ogni volta a una classe nuova insieme al mio tirabozze, lastre, sgorbie, la sicurezza che ci “sporcheremo” con quel inchiostro viscoso che a lungo lascia un ricordo della nostra esperienza su mani e vestiti e l’odore di petrolio che distinguerà per qualche mese le nostre giornate di laboratorio. Ho aspettato a lungo prima di affrontare questo capitolo, per sostenere che la conoscenza delle tecniche di incisione e stampa a quella età in cui di norma non è prevista, può avere un finalità pedagogica, se mai ne ha una. Ho chiesto a molti “Perché insegnare la stampa?”, l’ho cercata sui libri, questa risposta, io ne ero certa che servisse quel laboratorio così particolare, ma avevo bisogno di conferme. In parte le ho trovate, nelle persone ma anche nei libri, due in particolare: il resoconto del laboratorio arti visive dell’Accademia di belle arti di Firenze edito ne “I bambini e la grafica” Esperienze calcografiche e serigrafiche del comune di Firenze- (La nuova Italia 1980), che racconta l’esperienza di un laboratorio di arti visive tenuto da un gruppo di scultori, pittori, grafici insegnanti dell’accademia di Belle Arti di Firenze alla fine degli anni ’70 e “Estetica- teoria della formatività” di Luigi Pareyson, insegnante di Filosofia teoretica all’università di Torino che propone l’idea di estetica come una dottrina della formazione e dell’interpretazione, perché insegnare incisione può diventare un’educazione all’estetica. L’incisione e la stampa sono una diversa forma artistica, un linguaggio in più, perché le difficoltà della tecnica determinano un nuovo segno, perché sviluppiamo una maggiore sensibilità fornendo nuovi parametri di paragone del bello- cosa indispensabile in questa epoca-, come se l’occhio, la mano e la mente, messi di fronte ad un nuova e inaspettata organizzazione del disegno, nuovi materiali con cui confrontarsi, procedimenti lenti e pazienti a volte, altre sicuri e immediati, con la quasi certezza dell’irrimediabilità del proprio gesto, reagissero proponendo soluzioni nuove e quindi avulse dall’immagine estetizzata e spesso vuota, priva di contenuto e significato, da cui siamo circondati. Perché i segni di questi bambini e ragazzi ne hanno di significato, per forza, perché tutto il lavoro, l’indagine del reale e della storia dell’arte che accompagnano il laboratorio, le fasi a volte faticose che portano da un pezzo di legno, cartone o zinco ad un’immagine per di più riproducibile, spesso creano da soli una figura carica di significato quasi all’insaputa di chi l’ha prodotta. E qui torniamo alla frase di Faeti, perché si scopre che alla fine il linoleum- ma anche il legno, il cartone, il plexiglas o lo zinco aggiungo io- potrebbero aver fatto tutto da soli. Ciò non vuol dire che non occorra impegnarsi, studiare, al contrario, ma il risultato di una stampa nasce dall’incredibile alchimia di un lungo lavoro di preparazione e un continuo e controllato scambio con la materia, Pareyson, nel suo trattato parla giustamente di dialogo con la materia, dialogo che nel processo di incisione direi ancor più definito. La materia viene scelta nell’atto stesso della nascita di quella che definisce azione formativa, cioè del fare che mentre fa inventa il modo di fare; e la materia è scelta in vista dell’opera da fare, e la sua natura si adatta alla manipolazione che se ne intende fare, e il modo di manipolarla è imposto non dalla sua natura, ma dall’intenzione formativa la quale è determinata da come la sua natura si adatta all’intenzione di chi fa e ancora sottolinea il fatto che l’artista sceglie la materia proprio per la resistenza che essa oppone al suo fare: “la materia, proprio in quanto ha la sua natura e le sue caratteristiche , resiste all’intenzione formativa che pure la adotta in vista delle possibilità da trarne. Del resto l’artista non ha scelto la materia come docile e pieghevole e plasmabile a volontà, come cera che quanto più è flessibile e domabile , tanto più è malsicura e infida: l’ha scelta proprio perché essa resiste. Queste resistenze limitano certo la sua libertà, ma anche consolidano e la definiscono: la libertà sconfinata non farebbe che suggerire la dispersione…mentre il limite …tuttavia compensa il sacrificio col suggerire per evocarne tante altre che non sarebbero venute alla luce , e che sono tanto più genuine e preziose quanto più difficili e ardue , e rendono l’appagamento tanto più intenso quanto più ritardato.” E alla fine ecco un risultato che si può prevedere, certo, ma che il più delle volte è totalmente inaspettato. E non sto parlando solo delle incisioni su zinco o linoleum, ma penso ad esempio alla monotipia con tempera: la tempera va stesa su una superficie impermeabile, incisa con una punta e stampata posando il foglio su questa superficie di colore,con i bambini piccoli il procedimento di preparazione della tempera viene fatto quasi sempre dall’educatore, e al bambino spetta l’incisione, ogni particolare concorre alla buona riuscita del lavoro: la stesura del colore, nella giusta densità e al giusto grado di asciugatura, l’incisione immediata, sicura e veloce, la Corso di incisione calcografia-scuola media stampa con la giusta pressione della mano; tutto va calibrato, è richiesta una grande sensibilità e mai come in questo caso il risultato è sorprendente. Le tecniche di incisione e stampa per le loro caratteristiche fisiche inducono all’essenzialità nel rapporto forma- contenuto che “induce alla sobrietà dell’espressione, educa al rifiuto del segno gratuito suggerisce modelli di comportamento : è un’etica che si costruisce ora per ora, in una scelta rigorosa del modo di significare l’oggetto dell’intuizione e della fantasia.” . Sfogliando “I bambini e la grafica”si evidenzia la necessità, nel corso del laboratorio, di incoraggiare tramite l’indagine del reale attraverso il segno, la soggettività del bambino o del ragazzo, l’unicità del suo prodotto anche nell’eventuale copia dove lo spessore della linea, la sua rigidità o fluidità, concorre, insieme alla scelta del soggetto, ad esprimere la persona che l’ha prodotto. Una soggettività, che ci auguriamo si formi con uno spirito critico e lo possa trasmettere come un utopico virus della bellezza. “Noi crediamo- dicevano gli operatori dei laboratori grafici di Firenze vent’anni or sono- infatti che le varie trame del tessuto del mondo della scuola debbano misurarsi sul piano ideale, pedagogico e didattico,… nel concreto, nella verifica dell’idealità, dell’effettiva traducibilità della proposta pedagogica a livello didattico.” E poi la cosa più difficile: far si che il bambino o il ragazzo diventi soggetto, esprimendo le sue energie espressive, il suo mondo, i suoi valori, la sua cultura, che impari a organizzare il tempo e lo spazio, il gioco e il lavoro. Diventi ideatore e organizzatore del suo lavoro e non semplice esecutore, capisca e decida, scelga il gesto l’espressione nel laboratorio come poi nella vita con un saldo spirito critico. L’espressione non verbale dovrebbe essere coltivata al pari di quella verbale, per arricchire e acuire la nostra percezione ed espressione del reale e una tecnica in più può favorire un nuovo linguaggio. Si potrebbe obbiettare che la proposta di continue tecniche e laboratori rischi di non andare oltre la superficiale curiosità, ma se noi – e con noi dico gli insegnanti ed educatori, in collaborazione con i ragazzi- mettiamo a confronto queste tecniche, studiandone le differenze operative e sfruttandole nella produzione creativa, senza precludere la possibilità di integrarle tra loro, l’indagine tecnica non si divide dall’atto comunicativo. Un atto comunicativo ed espressivo che dovrebbe continuare nella società, nella famiglia in un processo biunivoco nel mondo esterno alla scuola.

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Published by valentinabiletta.over-blog.com - dans tecniche di stampa

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