Innanzitutto la materia: nel momento in cui prepariamo una matrice, ci relazioniamo con una materia che necessariamente influirà sulla nostra espressione; penso alle varie matrici, dal cartone allo zinco, ognuna ha il suo calore, la sua resistenza ai mezzi incisori (sgorbie, coltelli, carta abrasiva) che determina necessariamente il nostro segno. Un segno rigido, forte, nelle linoleografie o xilografie, che mostra la fatica del taglio, l’attenzione, la coscienza di poter perdere il controllo della sgorbia e rovinare per sempre la matrice o ferirsi. E ancora la stampa a mano, quella che possiamo ottenere da matrici in rilievo, che mostra spesso il carattere di chi l’ha eseguita: veloce, disordinata, caratterizzata da una pioggia di righe lunghe e impazienti, oppure minuta, lenta, controllata.
E forse ancor di più specchio di chi l’ha incisa è la matrice di una puntasecca: i segni minuti a volte impercettibili, in quei ragazzi (spesso in quelle ragazze) timidi, silenziosi e quelli prepotenti, rigidi di chi, spavaldo, non teme il confronto con la lastra di zinco. E ancora le lastre di zinco, richiedono una lunga e paziente preparazione: la bisellatura che va eseguita con una lima tenuta alla giusta inclinazione e va fatta con la giusta pressione; e come si riconosce un procedimento fatto bene o meno ? passando leggermente il dito sul bordo della lastra: la manualità e il tatto vogliono essere educati, devono diventare sensibili e attenti.
Ma anche il cartone non è da meno: se non serve una grande preparazione della lastra, bisogna comunque capire quanto e come agire, la lastra non ammette un’azione distratta.
Infine il risultato di tanto lavoro non è un dipinto, non è immediato: è una matrice che può essere stampata più volte e ogni stampa conserverà l’attesa, lo stupore, la meraviglia di ciò che apparirà che sarà sempre una nuova opera e soprattutto una nuova emozione.